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Cgia,'concordato flop perchè evasione meno di quel che si pensa'
Maggioranza 'autonomi' guadagna come un lavoratore dipendente
Il concordato preventivo biennale è un "mezzo flop" perché in Italia c'é molta meno evasione fiscale di quella stimata. Lo sostiene l'Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia), secondo cui i dati del Mef sull'evasione degli autonomi non sono "attendibili". E non sono pochi nemmeno i controlli, che tra lettere di compliance, accertamenti e verifiche, nel 2023 hanno interessato 3,7 milioni di attività imprenditoriali, pari al 65% circa del totale. Secondo le prime indiscrezioni avrebbero sottoscritto il Cpb poco più di 500mila partite Iva, che dovrebbero assicurare all'erario 1,3 miliardi di euro, rispetto ai 2 preventivati. Si tratta dell'11% circa su 4,5 milioni di lavoratori autonomi e di imprese potenzialmente interessate da questo strumento. Ogni soggetto che ha sottoscritto questo "patto" con il fisco ha quindi pagato mediamente 2.600 euro. I dati del Mef stimano, riporta la Cgia in 82,4 miliardi il "tax gap" delle entrate tributarie e contributive in Italia. L'imposta più evasa sarebbe l'Irpef in capo agli autonomi, per 29,5 miliardi, con un'evasione di poco meno del 70%. Un dato per la Cgia inattendibile: artigiani e commercianti nell'anno di imposta 2021 hanno dichiarato mediamente 33mila euro lordi; se queste attività evadono quasi il 70% per cento dell'Irpef, per essere ligi alle richieste dell'erario avrebbero dovuto versare il 120% in più, 74mila euro all'anno. Secondo gli artigiani però la stragrande maggioranza di essi lavora da solo, quindi è poco più di un lavoratore dipendente e le stime del Mef non convincono, anche alla luce del fatto che, per ragioni di natura tecnica, non includono il tax gap riconducibile agli autonomi esclusi dal pagamento dell'Irap, ossia quelli in regime "de minimis" (1,8 milioni di soggetti), una buona parte delle imprese agricole, i professionisti privi di autonoma organizzazione e il settore dei servizi domestici.
E.Hall--AT